I luoghi sono mondi. I luoghi creano mondi, spazi geografici e spazi di senso. Un luogo-mondo è anche il contenitore che muta il significato di ciò che volta a volta vi è contenuto.
Quando poi esso è uno spazio da sempre votato alla creatività e all’arte, esso ha il potere di investire di nuovi significati artistici esseri e oggetti che vi sono, anche momentaneamente, inclusi.
Bowery 222, New York, NY, è uno di quei luoghi carichi di senso che possiede una doppia capacità trasformativa: quella insita nella facoltà di mutarsi nella prodigiosa cornice per opere d’arte che hanno attraversato il tempo (potremmo già dire la storia: Fernand Léger, Mark Rothko, William S. Burroughs, John Giorno) e, al contempo, quella coincidente con l’essere un luogo la cui intrinseca vocazione è quella di lasciar echeggiare l’arte che in esso ha abitato, ha trovato dimora. Il Bunker è questo speciale luogo-mondo artistico-creativo.
Il suo nome, con cui Burroughs l’aveva battezzato, rievoca un’età segnata dal terrore atomico usato come arma di deterrenza, come minaccia incombente su un nemico reale e/o virtuale, un rifugio impenetrabile che ha consentito a chi vi ha avuto accesso di pensare e creare, temporaneamente incurante lì dentro del disordine (o dell’orrore) che regna al di fuori di quel luogo magico, e tuttavia lasciandosi attraversare da quel disagio per farne materia prima per opere letterarie, poetiche o artistiche. Questo insolito luogo-mondo ha dunque valore psicogeografico, nel senso debordiano del termine, poiché è spazio abitato di (da un) senso che si trasferisce da un artista all’altro, creando legami occulti tra gli eventi creativi che in esso di producono e dando loro una nuova e speciale dimensione concettuale.
L’artista italiano Manlio Capaldi, in passato collaboratore artistico del poeta John Giorno, mostra le sue installazioni site-specific nel Bunker, con l'intento di far rivivere quell'ambiente riattivando l'energia che legava, in epoca Beat, gli artisti che ruotavano attorno a W.S. Burroughs.
Lilith Bedlam